Restauro di un incunabolo della Commedia di Dante

Incunabolo restaurato

Per celebrare i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, le gentili signore socie dell’Inner Wheel Club Verona CARF, sotto la presidenza di Paola Rinaldi Dalla Bernardina, hanno scelto di destinare il loro service al restauro di un prezioso incunabolo della Commedia conservato in Biblioteca Capitolare.
Lo storico Club nato nel 1984, formato da 54 socie, ha da sempre a cuore iniziative di service a carattere culturale, come restauri di dipinti, sculture, epigrafi e codici miniati e a carattere sociale con aiuti a gruppi di sostegno in favore dei più deboli, con particolare attenzione ai bambini, ai giovani e alle donne.

Il restauro è stato realizzato nel laboratorio della Biblioteca dal restauratore Francesco Graziani.  Nell’intervento sono stati spazzolati tutti i fogli e dove necessario rattoppati con carta giapponese; ricuciti i fascicoli e applicati nuovi capitelli fatti a mano. Infine, la legatura in cartoncino, danneggiata, è stata sostituita da una nuova in mezza pelle e sul dorso è stato applicato il titolo con oro zecchino.

L’incunabolo, stampato a Venezia nel 1493, è un esemplare della Commedia di Dante con il commento dell’umanista fiorentino Cristoforo Landino.

Le terzine di Dante sono stampate su un’unica colonna a sinistra e il restante spazio lasciato per il commento: il commento del Landino, uscito per la prima volta nel 1481, fu il più diffuso fino a tutto il Cinquecento. Il volume è illustrato con alcune grandi xilografie all’inizio delle cantiche e 97 vignette xilografiche all’inizio di ogni canto.

Il volume giunse in Biblioteca grazie al lascito di Gian Giacomo Dionisi, canonico bibliotecario dal 1752 al 1771. Il Dionisi fu uno dei più noti studiosi veronesi di Dante nel Settecento e lasciò alla Biblioteca, oltre a diversi manoscritti, più di tremila testi a stampa, tra cui sei dei nove incunaboli della Commedia oggi conservati in Capitolare.

Questo studioso non è l’unico possessore del volume di cui si conosca il nome: due note manoscritte che ci accolgono all’apertura del testo ci conducono infatti a quasi cinquecento anni fa, al suo proprietario di allora ed anche a Dante stesso.

Nella prima carta si legge: “die XVII de junii 1523 furno abruxate le ville de Podenzana dalli homini de la villa et soldati del Sr. Zouanne de Medicij et ue erra luij in persona et hoc ad perpetuā rei memoriā Morello Mallaspina Marchese de uilla d mā” e subito sotto, in inchiostro più scuro, “possidet hunc librum Andreas Obertia proles quem deus in celum te precor alme voces”.

Le due note sono probabilmente della stessa mano, quella di un Uberti figlio del conte Andrea, che possedeva il volume ad inizio Cinquecento.
Gli Uberti esercitavano in Lunigiana la professione di notai o podestà sotto i potenti Malaspina. Ed è la figura di Moroello Malaspina che il possessore del volume ci ricorda nella prima nota. I Malaspina all’inizio del Trecento avevano ospitato Dante in esilio ed egli si era avvicinato soprattutto a Moroello che viene citato nella Commedia. Probabilmente, proprio in seno a questa corte erano nati i primi canti dell’Inferno.

Nella stessa nota l’Uberti ci svela un tragico evento svoltosi nel 1523 in questi territori: il 17 giugno le ville di Podenzana, sotto il dominio dei Malaspina, vennero date alle fiamme dai soldati di Giovanni de Medici, meglio noto come Giovanni dalle Bande Nere. Il valoroso capitano di ventura stava cercando già da un anno di costituire un proprio Stato in Lunigiana, facendosi spazio tra i territori dei Malaspina.

Non sappiamo a quali altri pericoli sia scampato questo esemplare della Commedia, ma di certo, grazie al restauro, è pronto a continuare la sua storia.

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