La Biblioteca Capitolare custodisce nel suo ricco patrimonio molti meravigliosi testi miniati, tra cui questo manoscritto viaggiatore. Si tratta del Codice CXXXVII, una copia del De Bello Macedonico di Tito Livio che ha avuto una vita decisamente avventurosa!

Fu realizzato a Firenze a metà XV secolo per il conte ed umanista ungherese Giano Pannonio, che poi cadde in disgrazia a seguito di una congiura. Il re d’Ungheria Mattia Corvino ne incamerò i libri all’interno della Biblioteca di Buda: all’epoca, una delle più importanti d’Europa.
Dopo la conquista dell’Ungheria da parte di Solimano il Magnifico, molti volumi confluirono nella Biblioteca del Sultano a Costantinopoli. Qui il manoscritto fu acquistato da un mercante veneziano, Niccolò Zeno. Da quel momento, il codice passò di mano in mano tra le città di Venezia e Verona, arrivando anche in possesso del grande erudito veronese Scipione Maffei. Infine, entrò a far parte del patrimonio della Biblioteca Capitolare nel 1756, sotto forma di lascito testamentario.

Ma le sue avventure non erano ancora terminate. Nel 1797, infatti, una commissione inviata da Napoleone Bonaparte visitò la BIblioteca Capitolare prelevando una selezione di manoscritti e libri a stampa. Il codice approdò così a Parigi: ancora oggi presenta il timbro della Bibliothèque Nationale de France. Nel 1816, una parte dei testi requisiti venne restituita: il De Bello Macedonico ritornò dunque a Verona dopo aver compiuto un viaggio complessivo di oltre 5000 km!
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